Sappiamo bene che la carne non esiste. Esistono gli animali, i loro corpi uccisi e fatti a pezzi; esistono i cadaveri e quindi i boia, i sicari e i mandanti. Chiediamoci quando una aberrazione così grande sia divenuta la normalità!
La produzione di carne coltivata comporta l’allevare alcuni animali per prelevare loro tramite biopsie pochi campioni di cellule. Su larga scala certamente porterebbe a una drastica riduzione di uccisioni e questa sarebbe una grande conquista, eppure questo prodotto innovativo, con la sua presenza, con la sua importanza, è allo stesso tempo la conferma della possibilità e quindi della presunta esigenza di ridurre a cibo gli animali non umani.
La questione è che la carne coltivata non modifica il rapporto errato che abbiamo con loro, che continuerebbero a essere sfruttati e non solo a favore dei “nostalgici”, ma anche in tutti gli altri ambiti, come la produzione atroce dei derivati animali ad esempio, che mette al mondo pulcini e vitellini.
Un cammino umano che possa percepirsi in evoluzione, non potrà che allontanarsi sempre più dal bisogno chiaramente indotto di masticare e digerire dolore e morte. E’ solo una questione di tempo, che però costa caro a troppe vite. Pensate se dovessimo poter udire in un unico istante il grido di dolore di ogni animale che soffre a causa nostra su questa Terra!
La questione animale è molto complessa ed è in questa complessità che mi dibatto tra tentativi ed errori, tra certezze e perplessità. Sbagliare mi addolora e quindi mi astengo dall’esprimere un giudizio definito e definitivo su questo tema in particolare, continuando invece a portare avanti la convinzione secondo la quale l’umano non sia fatto per mangiare i nostri Fratelli animali. A dirmelo non è la ragione e neppure la scienza, sebbene sappiano farlo. Da sempre a dirmelo è il cuore.
(Giusi Ferrari)
Credito immagine: Animal Equality