La pioggia e le nostre vittime non umane

Il bosco è la casa delle creature selvatiche. La pioggia sfrenata e il vento fortissimo dei giorni scorsi hanno compromesso il loro ambiente, ma i cacciatori non ne vogliono sapere di sospendere la caccia, tanto per rimarcare  l’ambiguità con la quale si presentano. La caccia è prima di tutto un loro piacere, un privilegio al quale non si sottraggono mai e da qui la nostra impressione che ci sia qualcosa nel loro cervello che non va, quella vena sadica di trionfo sull’altro, di qualche maschio e di qualche incomprensibile femmina, che ha bisogno di mostrare una forza che in verità non possiede.

Gli allevatori che hanno perduto i loro schiavi, impossibilitati a fuggire perché rinchiusi da sempre nelle loro prigioni, sono in pace visto che i risarcimenti non mancheranno a venire. Può calare la richiesta, la società si può veganizzare, ma il sistema assicura loro la certezza dell’abbondanza, per ottenere la quale continueranno comunque a uccidere.

Certe riflessioni sono importanti, soprattutto in questo momento. Fare leva sulla sofferenza umana per trascurare e minimizzare quella degli altri animali non è più possibile. Le galline morte annegate, le trote uccise dalla melma nei vasconi e, in tempi di terremoto, le mucche, i vitelli e i maiali schiacciati dai muri delle loro prigioni, sono volti che emergono con tutta la potenza della loro condizione e delle nostre responsabilità. Prima di tutto la responsabilità di non dire nulla, di non fare nulla, di lasciare che tutto accada sempre, nell’impotenza umana destinata ai servi dai loro padroni.

Gli altri animali vorrebbero essere aiutati a liberarsi. Che cosa è più struggente del fatto che una creatura fugga dal mattatoio senza sapere che il mondo là fuori non solo la ostacolerà, ma anzi la riporterà là dove dovrà morire? Un mondo specista ma con sempre più individui umani capaci di fare la differenza. Capaci di riflettere, di evolvere, di cambiare e di guardare dentro. Di riconoscere i segni del dominio che sono ovunque, contribuendo così al suo indebolimento.

 

(Giusi Ferrari)

 

 

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