Se solo fossimo un po’ meno umani

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Sì, credo davvero che il problema della specie umana sia quello di avere perso per strada la propria animalità. E quando la evochiamo, lo facciamo solo per giudicarla negativamente e attribuirle la responsabilità dei mali del mondo. Il fatto è che confondiamo l’animalità con l’Ego, con quel falso sé che separa e giudica, che possiede e imprigiona, che uccide per non morire.

Del resto sappiamo bene come storicamente la Chiesa abbia contribuito a costruire questo equivoco, imponendo l’idea che gli animali non umani e gli umani che li proteggevano fossero a stretto contatto con il Diavolo e quindi con il male.

Troppe donne che si vantano di possedere il famoso istinto materno, non provano nulla o quasi di fronte al dolore di tutte le altre madri, che per quanto appartengano ad altre specie animali, soffrono intensamente la schiavitù e la separazione dai propri figli. E la soffrono esattamente come noi, perché l’animalità che condividiamo ci rende simili. Quelle donne non riescono ad andare oltre le differenze per cogliere l’essenza che ci unisce, perché?

L’umano separato dall’animalità diventa un essere la cui testa non dialoga più con il cuore, con la pancia, con la terra. Diventa Ego che cammina, che cerca incessantemente un piedistallo, che crolla o si esalta quando si sente minacciato. Diventa un’entità separata dal tutto, le cui scelte sono volte unicamente ad assicurarsi la vittoria contro tutti, per raggiungere la quale tutto è concesso.

Un po’ meno umani quindi, e molto più animali. Perché animali siamo e animali saremo sempre. Perché la nostra animalità conosce la saggezza dell’istinto, la lungimiranza dell’intuito, la ricchezza dell’empatia, la capacità di aderire al presente.

Così io sogno l’evoluzione della specie umana, per perdere il troppo che ci rende arroganti e per ritrovare il molto che abbiamo perduto.

 

(Giusi Ferrari)